Peso | 960 g |
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Il peposo di Maestro Filippo
€14,00Ambientato nel quarto decennio del Quattrocento in una Firenze all’apice del Rinascimento, tra gli argani della Cupola di Santa Maria del Fiore ancora in costruzione, i lugubri sotterranei del Bargello e il “forno da pane” sotto l’antico arco di San Pierino vicino a piazza San Pier Maggiore, il gustoso racconto di Nino Filastò vede come protagonista l’acuto Filippo Brunelleschi che, coadiuvato dal matematico e astronomo di chiara fama Paolo dal Pozzo Toscanelli, tenta di risolvere un oscuro e brutale delitto. Come in un giallo ad enigma di Arthur Conan Doyle, i vari personaggi, dal Gonfaloniere di Giustizia di Firenze agli operai della Cupola, dal rivoluzionario pittore e maestro di burle Masaccio al fornaio di San Pierino, danno vita ad una complessa vicenda narrata con notevole estro che vedrà di volta in volta i colpevoli ritrovarsi innocenti e le vittime trasformarsi in carnefici. Accompagnano e arricchiscono il racconto una divertente postfazione dello storico dell’arte James Beck e le svelte illustrazioni originali dell’artista Roberto Barni.
Collana: “L’Occhio Alato”, n. 1
2003, cm 13 × 21, pp. 95, illustrazioni in b/n, hardcover
ISBN: 978-88-88967-10-9
giancarlo tortoli –
I fatti di trenta e più anni orsono furono seguiti da molti di noi con quella tragica curiosità che avrebbe voluto alla sbarra il vero “mostro” in luogo dei famosi “compagni di merende”: beoni, oligofrenici e scemi del villaggio con l’eccezione del Pacciani. La tragedia purtroppo di quei giovani assassinati non ha condotto a risultati accettabili se non quando viene almeno formulata l’ipotesi, si badi ipotesi, che il mostro, una solitaria persona fisica, possa provenire da uno specifico settore come ben documentato in questo volume (sempre in forma di ipotesi, naturalmente). Va aggiunto di come, questo terrificante personaggio, abbia goduto di tanta fortuna, complice forsanche l’insipienza che ha caratterizzato, con qualche eccezione, il clan investigativo ed accusatorio al completo. Si parla infine della riforma della giustizia, da ritenersi tuttavia insufficiente se non si “riformano” le teste di tutti, ma proprio tutti, gli addetti al castello accusatorio. Sembra difatti di assistere ad un procedimento pervicacemente inquisitorio anziché investigativo. E qui il valente penalista fiorentino ci conduce in quelle tenebrose ma efficaci tecniche inquisitorie in voga qualche secolo fa ma che affiorano tutt’oggi nel nostro sistema giudiziario, invece di essere per sempre sepolte con quel passato, scempio del diritto.
Giancarlo Tortoli – ottobre 2020